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Se le pensioni sono un DIRITTO, non dovrebbero goderne tutti alla stesso modo, sia le generazioni presenti che quelle future? Quale è il vero problema?
Ho chiesto a Francesca,
una mia giovane cliente di 35 anni, laureata con ottimi voti che svolge un un lavoro ancora precario, cosa si aspetta per la sua pensione futura:
“Visto che continuano ad alzare l’età pensionabile, quando pensi di poter andare pensione?” La sua risposta è stata semplice e convinta: “MAI!”
L’ altra settimana invece ho incontrato Antonio,
un mio affezionato cliente, che mi ha detto: “Sto ancora lavorando ma ho quasi 60 anni e comincio a pensare alla pensione, anzi voglio andare in pensione perché ne ho DIRITTO. Io ho lavorato per 40 anni ma prima di goderne i benefici ne avrò maturati 43 secondo la legge Fornero, quindi altri 3 anni. Avrò versato contributi per 43 anni ma non vivrò altri 40 anni per poterli godere. Non è possibile vivere in un paese che ti fa sentire in colpa perché vuoi andare in pensione”
Di pensioni se ne parla fin troppo, spesso come merce di scambio elettorale, come se quel DIRITTO dipendesse da chi ci governa in un preciso momento storico e non, come dovrebbe essere, dal contesto socio-economico in cui i sistemi previdenziali dovrebbero correttamente svilupparsi.
Purtroppo il DIRITTO alla pensione si sta sfaldando sotto i colpi di un martello chiamato demografia, che silenziosamente sta incidendo sugli equilibri socio-economici modificandoli radicalmente.
Non ce ne rendiamo conto perché finora il nostro sistema previdenziale è tra quelli che si sono comportati meglio in termini di prestazioni. E’ andato talmente bene che gli italiani ancora oggi credono di essere in una botte di ferro, ma non sarà così in futuro.
L’Istat però ci racconta in quale direzione sta andando il Paese, e prenderne atto consentirebbe di cambiare le cose, mentre far finta di niente renderebbe tutti colpevoli di un reato contro le generazioni ‘a cui si sta rubando il futuro.
La causa principale rimane il declino demografico:
diminuiscono le nascite, i giovani vanno all'estero e in Italia restano gli ultra sessantacinquenni e gli stranieri che, però, da soli, non hanno la forza demografica di mantenere col segno più il tasso di nascite nel nostro Paese.
Del resto, mettere al mondo un bambino è una scommessa, ancora di più se lo si fa in un Paese dove ogni nuovo nato, già a dicembre 2019, prima del COVID, si portava nella nursery 52.000 euro di debito pubblico .
Per molti giovani la crisi di questi ultimi anni, aggravatasi ulteriormente con l’arrivo della pandemia, ha reso molto saltuaria l’entrata nel mondo del lavoro con una ripercussione sulla stabilità del flusso contributivo sia per chi versa che per le casse previdenziali stesse.
E’ per questo che molti giovani tra i 20 e i 34 anni mettono su famiglia fuori dai confini nazionali.
L’interferenza tra economia e demografia rimane il nodo del problema, tanto che in assenza di un’inversione di rotta, si calcola che
tra 25 anni gli over-65 rappresenteranno 1/3 della popolazione italiana in un paese che già oggi ha la spesa pensionistica più gravosa d’Europa,
con l’incremento degli anziani rispetto ai giovani che metterà sicuramente in crisi l’equilibrio del nostro sistema pensionistico, nel quale le pensioni vengono pagate da chi attualmente lavora.
Già adesso i conti non tornano, la verità è che lo stato spende sistematicamente per le pensioni dai 20 ai 28 miliardi in più ogni anno rispetto a quello che incassa dai contributi
Nel tempo si stima che ci saranno sempre meno nascite, mentre ci saranno sempre più persone anziane che avranno bisogno di una maggior assistenza sanitaria (welfare) e di pensioni.
Dove troveremo i soldi? Cosa accadrà se n ci saranno sempre meno giovani che lavorano e versano i contributi mentre aumenta il numero di anziani che necessitano della pensione?
L’impressione è che al momento non ci sia l'interesse a far emergere il problema.
Forse perché l’invecchiamento della popolazione spinge verso un modello politico-economico che privilegia gli interessi (e il consenso) degli anziani a scapito di quelli dei giovani, in barba ad ogni criterio di equità intergenerazionale.
Penso invece che sia arrivato il momento di acquisire consapevolezza, aprire gli occhi e migliorare le cose.prima di arrivare ad uno scontro tra generazioni.
Perché acquisire consapevolezza è l’unica strada che ci porta a fare scelte giuste e ragionate, soprattutto nella gestione del nostro patrimonio, per permettere a noi, e alle persone alle quali teniamo, di affrontare il futuro con serenità!
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